Ricorso  della  regione  Lombardia,  in  persona   del   presidente
 pro-tempore  della  Giunta  regionale,  on.  dr.  Roberto  Formigoni,
 rappresentata e difesa, come da delega a margine del  presente  atto,
 ed  in  virtu' di deliberazione di autorizzazione a stare in giudizio
 n. VI/27359 dell'11 aprile 1997, dagli avv.  proff.  Giuseppe  Franco
 Ferrari e Beniamino Caravita di Toritto, ed elettivamente domiciliata
 presso lo studio del secondo in Roma, Via Torquato Taramelli n. 22;
   Contro  il  Presidente  del  Consiglio dei Ministri a seguito e per
 l'effetto del d.P.R. 14  gennaio  1997,  (in  Gazzetta  Ufficiale  20
 febbraio   1997,  n.  42,  serie  generale),  portante  "Approvazione
 dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e  alle  province
 autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali,
 tecnologici  ed  organizzativi minimi per l'esercizio delle attivita'
 sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private", nell'insieme
 e in specie quanto all'art. 1, nella parte in cui, pur dichiarando di
 mantenere ferma la competenza regionale, approva i requisiti  minimi;
 all'art 2, nella parte in cui tale disposizione impone il rispetto di
 requisiti minimi generali e specifici e detta criteri generali per la
 determinazione  dei  requisiti  ulteriori  rispetto  a  quelli minimi
 generali di cui  all'art.  1,  per  gli  standards  di  qualita'  per
 l'accreditamento   di   strutture   sanitarie  pubbliche  e  private;
 all'art.  3  (Modalita'   di   applicazione),   portante   disciplina
 dell'efficacia   dell'atto   di   indirizzo   e   coordinamento,  con
 particolare riguardo  all'incidenza  della  disciplina  stessa  sulle
 strutture esistenti e a quelle nuove all'ampliamento o trasformazione
 di  quelle  esistenti;  nonche'  quanto  alle  tabelle  approvate  in
 allegato, portanti l'elencazione dei  requisiti  minimi  generali  di
 natura  organizzativa,  strutturale  e  tecnologica,  e dei requisiti
 minimi specifici, sotto gli stessi profili,  per  le  prestazioni  di
 assistenza in regime ambulatoriale e in regime di ricovero.
    Con  d.P.R. 14 gennaio 1997 e' stato approvato l'atto di indirizzo
 e coordinamento alle regioni e alle province autonome in  materia  di
 requisiti   strutturali,  tecnologici  ed  organizzativi  minimi  per
 l'esercizio  delle  attivita'  sanitarie  da  parte  delle  strutture
 pubbliche  e private, con fondamento normativo primario asseritamente
 reperito nell'art. 8, quarto comma, del d.lgs.30 dicembre 1992, 502 e
 successive modificazioni e integrazioni.
   L'atto  contiene  anzitutto  l'approvazione  dei  requisiti  minimi
 strutturali, tecnologici ed organizzativi, individuati in allegato  e
 suddivisi   in   requisiti  organizzativi  generali  (pag.  10  ss.),
 requisiti strutturali e tecnologici  generali  (pag.  15),  requisiti
 specifici  strutturali,  tecnologici e organizzativi per le strutture
 che  erogano  prestazioni  di  assistenza  specialistica  in   regime
 ambulatoriale  (pag.  17  ss.)    e  per  le  strutture  che  erogano
 prestazioni in regime di ricovero ospedaliero (pag. 31 ss).
   L'art. 2, impropriamente intitolato  "definizione  dei  requisiti",
 prescrive  il  rispetto dei requisiti minimi cosi' individuati (comma
 1),  demanda  alle  regioni  la   disciplina   delle   modalita'   di
 accertamento  e  verifica  (comma 2) e della loro periodicita' (comma
 3), e facoltizza le  regioni  a  determinare  standards  di  qualita'
 costituenti  requisiti  ulteriori  per  l'accreditamento di strutture
 pubbliche e private in possesso dei requisiti minimi nazionali (comma
 4), fissando a tale proposito quattro principi generali (comma 5). E'
 inoltre regolamentata la frequenza delle verifiche  regionali  (comma
 6);   e'  escluso  l'effetto  di  vincolo  alla  rimunerazione  delle
 prestazioni erogate a carico delle strutture del  servizio  Sanitario
 regionale (comma 7); e' disposto l'utilizzo dei requisiti ulteriori a
 fini di predisposizione dei piani annuali preventivi (comma 8).
   L'art.  3  (Modalita'  di applicazione) impone alle regioni di dare
 attuazione all'atto di indirizzo e coordinamento entro un anno  dalla
 pubblicazione  del decreto (comma 1), ma l'ulteriore disposizione del
 comma 2 prescrive poi "l'immediata applicazione" dei requisiti minimi
 alla  realizzazione  di   nuove   strutture   e   all'ampliamento   o
 trasformazione di quelle esistenti. Di tali disposizioni e' possibile
 dare  due  diverse  interpretazioni:  o  che l'immediata applicazione
 debba avere corso subito dopo la scadenza  dell'anno  assegnato  alle
 regioni e alle province autonome per dare attuazione al nuovo regime;
 ovvero  che  il  secondo comma sia immediatamente applicabile, con la
 conseguenza che  le  istruttorie  in  corso  in  sede  regionale  per
 l'evasione  di  istanze  e  pratiche  gia' da tempo presentate devono
 venire  riprese  dall'inizio  e  ripetute  alla  stregua  dei   nuovi
 parametri,  sempre che i progetti allegati alle istanze lo permettano
 e non impongano invece una integrale ripresentazione.
   Alle regioni  e  alle  province  autonome  e'  lasciato  invece  di
 determinare  a  propria  discrezione,  con  il  solo limite temporale
 finale del quinquennio, tempi e modi  dell'adeguamento  ai  requisiti
 minimi  delle  strutture gia' autorizzata ed in esercizio (comma 3) e
 di  disciplinare  l'accesso  all'accreditamento  della  strutture  in
 possesso  dei  requisiti  ulteriori  di  livello regionale (comma 4).
 L'art. 4 contiene infine la classificazione delle strutture.
                             D i r i t t o
   1. - Violazione degli artt. 117 e 118 Cost., anche  alla  luce  del
 riparto di competenze contenuto negli artt. 6, 7, 10, 11, 15, 17, 18,
 21,  22,  41  e  43  della  legge  n.  833/1978,  dell'art.  97 della
 Costituzione e dell'art. 8, comma 4, della legge n. 502/1992 sotto il
 profilo della carenza di fondamento legislativo  e  della  violazione
 del principio di legalita'.
   La   disciplina   dei   requisiti   minimi  generali  sul  versante
 organizzativo (pag. 10 ss.) e' strutturata in modo tale da  contenere
 prescrizioni   indirizzate   non  gia'  alle  regioni,  come  secondo
 tradizione, prassi e diritto dovrebbe essere, per  l'esercizio  della
 loro   potesta'   normativa  in  sede  regolamentare  o,  occorrendo,
 legislativa, bensi' direttamente ai direttori generali delle USSL.
   Cosi', ad esempio, la direzione generale provvede alla  definizione
 delle  politiche complessive dell'azienda ed esplicita gli obbiettivi
 in termini di quantita' e qualita' dei  servizi,  inserendoli  in  un
 apposito  documento  (pag. 15), definisce il piano di lavoro annuale,
 le politiche di gestione delle risorse, le modalita' dell'assistenza,
 il fabbisogno di  personale  (pag.  16),  risponde  delle  condizioni
 organizzativi   dei   presidi   (pag.   17),  disciplina  il  sistema
 informativo (pag. 18), e cosi' via.
   In tal modo, l'atto di indirizzo  esorbita  chiaramente  dalla  sua
 funzione  istituzionale,  oltre  che dal fondamento di legalita' come
 individuato dall'art. 8,  comma 4, del d.lgs. 502/1992, aggirando  il
 livello  regionale  di  governo  e  indirizzandosi  direttamente alle
 Aziende, la cui disciplina  organizzativa,  salvi  i  principi  della
 legislazione statale di settore, compete invece alla regioni, in base
 al  riparto di competenze operato dalla legge di riforma sanitaria n.
 833/1978 (in particolare artt. 6, 7, comma 3, 11, 15, 17, 18, 21, 22,
 41, 43).
   Appare invece evidente nella fattispecie che il preteso  fondamento
 normativa  primario dell'atto qui impugnato, l'art. 8, comma 4, della
 legge n. 502/1992  e  successive  modificazioni  e  integrazioni,  in
 nessun  modo  autorizza  prescrizioni che per un verso si indirizzino
 direttamente alle aziende USL e ai loro direttori e per un altro,  in
 via  correlata e consequenziale, contengano prescrizioni analitiche e
 di  estrema  puntualita',  tanto  da  non  avere  alcun  bisogno   di
 disposizioni   regionale   interposte,   ma   da  essere  applicabili
 immediatamente.
   Sono cosi'  clamorosamente  contravvenuti  i  precetti  dettati  in
 materia  di  indirizzo e coordinamento dalla ecc.ma Corte, che, da un
 lato, ha tradizionalmente qualificato l'osservanza del  principio  di
 legalita'    quale   condizione   di   validita'   dell'indirizzo   e
 coordinamento, imponendo una "base normativa sufficientemente  chiara
 e  precisa"  (ad  es.  sentt.    nn.  150/1982  e 359/1991), idonea a
 vincolare  la  discrezionalita'  del  Governo;  e,   dall'altro,   ha
 prescritto  che  alle  regioni  siano  garantiti  spazi  di autonomia
 necessari allo svolgimento delle loro funzioni (v. gia' sentenze  nn.
 177,  560  e  1145 del 1988) attraverso la fissazione di meri criteri
 minimali di uniformita'.
   La normativa che ne occupa, infatti, scavalca del tutto il  livello
 regionale di governo dell'organizzazione sanitaria, con l'adozione di
 una  disciplina  che  si indirizza direttamente alle aziende USL; non
 abbisogna  di  interposizione  regionale  per  essere  immediatamente
 applicabile;  assume  infine un taglio cosi' analitico che, ove anche
 si volesse adottare una disciplina  regionale,  essa  non  troverebbe
 spazio praticabile nel tessuto di dettaglio della normativa statale.
    Altrettanto  grave  appare  la lesione delle prerogative regionali
 nella disciplina dei  "requisiti  minimi  strutturali  tecnologici  e
 organizzativi specifici" (pag. 17 ss.), nella quale, seppur manchi il
 richiamo  diretto agli obblighi dei direttori generali, il livello di
 dettaglio e' ancora piu' penetrante: sotto il  titolo  dei  requisiti
 strutturali  figura  infatti,  ad  esempio, la dotazione del tipo dei
 locali sia per l'assistenza ambulatoriale (anzi, per singoli tipi  di
 essa:  pagg.  18-30),  sia per i presidi ospedalieri (anche in questo
 caso con riguardo  a  singole  divisioni  e/o  servizi  (es.:  pronto
 soccorso ospedaliero: pag. 20; rianimazione: pag. 43) o per tipologie
 di   funzioni   assistenziali  (ad  es.,  radioterapia,  pag.  46-47;
 day-surgery: pag.  50); sotto il titolo dei  requisiti  impiantistici
 appaiono  minimi  qualitativi  accompagnati spesso da valori numerici
 (es.: pagg. 56 e 58);  sotto  il  titolo  dei  requisiti  tecnologici
 figurano  minuziosi  e  pedanti elenchi di dotazioni riferiti ad ogni
 sorta di presidi sanitari.
   Anche sotto questo profilo non  potrebbe  essere  piu'  vistoso  lo
 scostamento dal generico fondamento normativa primario, piu' grave la
 penalizzazione  degli  spazi  di autonomia necessari allo svolgimento
 delle funzioni regionali, piu' analitico il tenore  delle  previsioni
 statali  e  piu'  superfluo  l'intervento  eventuale di una normativa
 regionale.
   Risultano quindi violati gli artt. 117 e 118 Cost., anche alla luce
 del  riparto  di  competenze  contenuto  nei  piu'  volte  richiamati
 articoli  della  legge  n.  833/1978,  l'art. 97 della Costituzione e
 l'art. 8, quarto comma, della legge n. 833/1978, ed all'art. 8, comma
 4, della  legge  n.  502/1992  sotto  il  profilo  della  carenza  di
 fondamento legislativo e della violazione del principio di legalita'.
   2.  -  Ancora  violazione  degli artt. 117, 118, 97, 32 e 41 Cost.,
 anche in relazione agli artt. 6, 7, 10, 11, 15, 17, 18, 21, 22, 41  e
 43  della  legge  n. 833/1978, ed all'art. 8, comma 4, della legge n.
 502/1992.
   Non pago di avere esercitato  tanta  invadenza  nel  taglio  e  nel
 contenuto  della  normazione di indirizzo e coordinamento, il Governo
 ha altresi' fatto ricorso a previsioni duramente  penalizzanti  anche
 sotto  il  profilo  dell'entrata  in  vigore della disciplina e degli
 effetti di essa sulla normativa  regionale  vigente,  in  gran  parte
 legislativa,  oltre  che amministrativa (cfr. infatti leggi regionali
 Lombardia 7 giugno 1980, 79; 17 febbraio 1986, n. 5; 6 febbraio 1990,
 n. 7).
   Il primo comma dell'art. 3, infatti, pare assegnare alla regione un
 anno, con  decorrenza  dalla  pubblicazione  del  decreto,  per  dare
 attuazione  (che  lo stesso d.P.R. definisce "autonoma") alle proprie
 disposizioni. Sennonche',  il  secondo  comma  prescrive  l'immediata
 applicazione  dei  requisiti  minimi  per  la  realizzazione di nuova
 struttura e di ampliamento o trasformazione di  strutture  esistenti,
 fornendo definizioni di tali categorie di interventi.
   Come  si  e'  gia'  accennato nella parte in fatto, le disposizioni
 contenute nei primi  due  commi  possono  permettere  interpretazioni
 diverse.
   Una  prima  interpretazione,  che  da  parte  regionale appare piu'
 congrua e piu' ragionevole, spinge a ritenere che i requisiti  minimi
 si  applichino  immediatamente  solo  dopo  l'entrata in vigore della
 nuova disciplina regionale ovvero dopo l'inutile decorso di  un  anno
 per  l'adeguamento,  cosi'  come  previsto  dall'art.  3, comma 1. E'
 evidente infatti  che  una  normativa  cosi'  complessa  come  quella
 contenuta nel d.P.R. 14 gennaio 1997 richiede tempi di adeguamento e,
 soprattutto,  richieda  una  operazione  complessiva e coordinata che
 permetta di rendere congrua  tutta  la  disciplina  regionale,  senza
 dover applicare singoli requisiti casualmente piu' restrittivi.
     La  regione  Lombardia  non  si  nasconde  tuttavia  che  sarebbe
 possibile   anche   una   diversa   interpretazione,   secondo    cui
 l'applicazione  -  nel  caso di realizzazione di nuove strutture e di
 ampliamento e trasformazione di strutture gia'  esistenti  -  sarebbe
 immediata,  nel  senso  che  decorrerebbe  dall'entrata in vigore del
 decreto.
   Tale seconda soluzione interpretativa  avrebbe  effetti  dirompenti
 sulla  sfera  di  competenze,  amministrative  e  legislativa,  della
 regione Lombardia, e piu' ancora, se  possibile,  sullo  stato  della
 stessa sanita' lombarda.
   La  legislazione  regionale  vigente,  sopra  richiamata,  infatti,
 disciplina analiticamente molti profili organizzativi, strutturali  e
 tecnologici   del   tutto   pretermessi   dall'atto  di  indirizzo  e
 coordinamento  impugnato.    Cosi'  ad  esempio  per  i  criteri   di
 costruzione  delle  case  di  cura private, i materiali da impiegare,
 l'organizzazione funzionale  delle  degenze,  la  dotazione  organica
 minima  di  personale, la configurazione di molti servizi tecnologici
 (legge regionale 7/1990). Cosi' del pari,  quanto  ai  laboratori  di
 analisi  a  scopo diagnostico, per la capacita' di eseguire esami, la
 capacita'  operativa,  lo  standard  di  personale  e  quello   della
 apparecchiatura (legge regionale 79/1980).
   Nella  maggior  parte  dei  casi,  gli standards quali/quantitativi
 regionali sono superiori ai loro omologhi statali derivanti dall'atto
 qui impugnato.
   Ma, in alcuni  limitati  casi,  puo'  anche  accadere  che  singoli
 standards  regionali attualmente vigenti appaiono meno restrittivi di
 quelli  previsti  dal  decreto  del   Presidente   della   Repubblica
 impugnato.
   In  questi  casi, l'eventuale, contestata immediata applicazione di
 tutti i requisiti sin dall'entrata in vigore dell'atto di indirizzo e
 coordinamento avrebbe il raggelante effetto di bloccare  di  colpo  i
 procedimenti   finalizzati   all'esame  istruttorio  di  pratiche  di
 realizzazione di nuove strutture o di ampliamento o trasformazione di
 strutture sanitarie esistenti, sia accreditata che  non  accreditate,
 siano  essi  case  di  cura,  Istituti di ricovero e cura a carattere
 scientifico e ospedali classificati. Tali pratiche pendono in  numero
 di  oltre  cinquanta  e  in gran parte l'esame di' esse e' pressoche'
 completato, ma non e' sfociato nel provvedimento finale, che verrebbe
 ora precluso, con obbligo di riprendere la  procedura  dall'inizio  e
 spesso  di imporre la ripresentazione dell'istanza corredata di nuovi
 dati progettuali.   Va da se'  che  il  sistema  sanitario  regionale
 subirebbe   danni   gravissimi   da  tale  disciplina  dell'efficacia
 temporale dell'atto di indirizzo e coordinamento.
   Appare evidente alla  ricorrente  che  l'esistenza  di  un  periodo
 transitorio   serva  proprio  per  permettere  di  adeguare  tutti  i
 parametri a quelli imposti dall'atto di  indirizzo  e  coordinamento:
 altrimenti  si  arriverebbe  al  paradosso  che sistemi regionali che
 impongono parametri piu' restrittivi debbano bloccare le procedure di
 accreditamento in ragione della divergenza su un solo parametro,  che
 trova  in  realta' la sua giustificazione in un esame complessivo del
 sistema adottato.
   Anche sotto questo profilo, la lesione degli artt. 117 e 118  della
 Costituzione si unisce a quella degli artt. 97, 32 e 41.